Il Natale è ormai alle porte, così con l’aiuto di alcune realtà agrituristiche presenti sul territorio, in una sorta di itinerario enogastronomico che da Lanciano passa per Torricella Peligna e arriva a Casoli, abbiamo assemblato il tradizionale “menu” delle feste in Abruzzo e nel Sangro Aventino, in particolare la cena della Vigilia e il pranzo di Natale.
Il nostro giro parte dall’Agriturismo Caniloro, siamo in Contrada Sant’Onofrio, nella verdeggiante campagna di Lanciano, per avere un assaggio di un classico piatto della cucina rurale frentana, le “foglie fritte” ovvero la verza accompagnata dai peperoni secchi e dalle sarde, un must della cena della Vigilia di Natale.
Ad accogliermi Berardino Abbonizio e sua moglie Giuseppina Di Nardo che mi raccontano che da queste parti, la sera della Vigilia, tradizione vuole che siano servite a tavola almeno tredici portate.
La carne non è contemplata, ma lo stesso vale per il pesce che storicamente qui nell’entroterra si è sempre consumato “conservato”; il fresco è una prerogativa lasciata alla costa e a tavola trova ampio spazio nella preparazione di zuppe di pesce, fritture di paranza, grigliate, seppie ripiene, polpi in purgatorio, e così via.
Quella dell’entroterra è una cucina fatta di verdure, legumi e “pesce conservato”, così ecco “scendere in campo” per il cenone della Vigilia il baccalà, le sarde, il tonno in scatola, mentre i più audaci e coraggiosi oseranno con il capitone (la femmina di anguilla).
Facendo una rapida rassegna dei piatti con Berardino, sulle tavolate del lancianese sono immancabili: i “ciabbuttelli” (baccalà o borragine in pastella e fritti), i fedelini con il tonno (spaghetti appena più piccoli, conditi con il tonno in scatola e salsa di pomodoro), le “foglie fritte” (verza accompagnata dai peperoni e dalle sarde), i fagioli (cotti nella pignata di terracotta sul fuoco del camino), le lumache di terra alla lancianese (accompagnate da un corposo sugo), il baccalà cotto sulla brace con i peperoni secchi dolci (arrostiti sulla brace e poi tritati sul baccalà condito con olio evo, prezzemolo, aglio e sedano) o lo stoccafisso in umido (in padella con un po’ di pomodoro, porro e cipolla), le lumache di terra ripiene (con mollica di pane, aglio e prezzemolo), le seppie fritte, il capitone cotto sulla brace (non è in uso da Caniloro, ma è presente su diverse tavole della zona), frutta fresca e secca (mele locali, uva appassita, fette d’arancia con lo zucchero, noci), scrippelle o crespelle (un morbido e soffice dolce fritto), calcionetti o caggionetti (fagottini fritti ripieni con ceci o castagne), celli pieni (tarallucci di sfoglia croccante farciti con confettura d’uva), e i mostaccioli al cioccolato.
Il pranzo di Natale, invece, strizza l’occhio alla carne e quindi al brodo di tacchino e gallina con il cardone, le lasagne al ragù di carni miste, il tacchino arrotolato ripieno, il pollo cotto sulla brace, mentre sul fronte “frutta e dolci” il repertorio è lo stesso della Vigilia.
A questo punto, la signora Antonietta, la madre di Berardino, mi mostra la preparazione del più classico e tradizionale dei piatti della Vigilia, le “foglie fritte”.
Gli ingredienti sono aglio, olio extravergine d’oliva, verza, peperone dolce secco di Altino e sarde sotto sale.
Il piatto potrebbe ricordare “pizz e foje”, ma in questo caso si utilizza la sola verza che viene prima lavata e pulita e poi cotta lentamente (circa 45 minuti o poco più) direttamente sul fuoco del camino. A casa è possibile replicare con una capiente pentola su un normale fornello.
Si comincia da una base di olio extravergine d’oliva, peperone dolce secco e aglio, si lascia soffriggere il tutto e poi entra in scena la verza (regolando di sale a piacimento) che cuoce lentamente; è necessario aggiungere di tanto in tanto un po’ di acqua per aiutarsi nella cottura.
A preparazione ultimata, si procede con i peperoni fritti, che dovranno essere ben croccanti.
Infine tocca alle sarde, che una volta lavate e pulite sono passate nella farina e fritte.
Il nostro piatto è pronto per essere assaggiato, ci sediamo a tavola e mi concedo una piccola e deliziosa anteprima del cenone della Vigilia, che continua al Vecchio Moro, agriturismo di Torricella Peligna, dove mi aspettano Amalia e Antonio Villani.
Così eccomi in località Stazzo dei Cavalli, siamo al cospetto della Maiella, nelle immediate vicinanze di Roccascalegna, per un soffio nel territorio di Torricella Peligna, paese noto per aver dato i natali a Nick Fante, padre dello scrittore John Fante. Poco distante il caratteristico borgo di Gessopalena.
Anche da queste parti il giorno della Vigilia si è soliti consumare piatti della tradizione che escludono categoricamente la carne, mentre in cucina trova ampio spazio il baccalà, preparato con i peperoni arrosto, in pastella oppure in umido con pomodoro e patate.
Tra le altre preparazioni non mancano “pizz e foje” (pizza di mais e cicoria selvatica sbollentata e ripassata in padella) con sarde e peperoni secchi fritti, i fedelini con il tonno, cascigni (verdure spontanee di campo) e fagioli, le zuppe di legumi, l’insalata di sarde (sarde sotto sale pulite e spinate, condite con olio evo, prezzemolo e aglio) un tempo molto diffuse a colazione durante la raccolta delle olive.
In quanto a dolci, sono molto popolari i fritti come i calcionetti (farciti con miele e mandorle), i pastinetti (fagottini farciti con ceci e cacao), e le scrippelle.
Per il pranzo di Natale il vero protagonista è il classico brodo di tacchino con il cardone, con le polpettine di vitello e la stracciatella. La carne lessa, invece, è solitamente servita con i sottaceti e le uova.
Veniamo ai piatti che mi propongono i coniugi Villani.
Cominciamo dal tradizionalissimo baccalà e peperoni arrosto.
E’ importante dissalare il baccalà e quindi metterlo in ammollo qualche giorno prima dell’utilizzo (le tempistiche variano a seconda della grandezza e spessore dei filetti).
La cottura può essere fatta sulla brace, sulla griglia o direttamente in padella, come mi mostra la signora Amalia. Una volta pronto, si lascia raffreddare, si spina e si sfilaccia con le mani.
Sul fronte peperoni, sono utilizzati quelli freschi (varietà corno di bue) anziché quelli essiccati.
Si tratta dei peperoni dell’orto, messi da parte in quantità durante l’estate e conservati come provvista per l’inverno. Sono arrostiti sulla brace o sulla griglia e poi spellati e tagliati. Quindi si condiscono con olio extravergine d’oliva, aglio, prezzemolo e un pizzico di sale.
Ai peperoni si aggiunge il baccalà sfilettato e, una volta mescolato il tutto, il piatto sarà pronto per essere gustato con del pane abbrustolito.
Ho il piacere di assistere anche alla preparazione dei “pastinetti”, dolce tipico della zona e in particolare di Roccascalegna. Fagottini fritti, farciti con un sostanzioso ripieno di ceci e cacao, che per aspetto ricordano i calcionetti, ma variano nell’impasto (al posto del vino è presente il latte).
Così ecco la ricetta.
Ingredienti per l’impasto
– 4 uova
– 1 bustina di lievito per dolci
– ½ bicchiere di latte
– 600 gr. di farina 00
– 1 tazzina di olio evo
– buccia di limone
Ingredienti per il ripieno
– 1 kg di ceci
– 150 gr. di cacao amaro
– 1 bicchiere di mosto cotto
– 300 gr. di zucchero
– 1 cucchiaio di miele
– un pizzico di cannella
Per la frittura
– olio extravergine d’oliva
– strutto
Si lasciano in ammollo i ceci (almeno 12 ore), che vengono lessati e passati, quindi aggiunti in una pentola con tutti gli altri ingredienti previsti per il ripieno: cacao amaro, mosto cotto, zucchero, miele e cannella. Si amalgama bene il tutto e si lascia cuocere finché il composto non risulterà asciutto. Quest’operazione è bene farla il giorno prima della preparazione del dolce.
Per l’impasto, su una spianatoia si versa la farina a fontana e vengono aggiunte in successione le uova, l’olio evo, la buccia di limone, il lievito e il latte. Si lavora per bene l’impasto fino ad avere un panetto morbido e omogeneo da far riposare almeno una quindicina di minuti.
A questo punto si tira la sfoglia con il matterello o l’ausilio di una macchinetta ricavandone delle strisce (larghe 4 – 5 cm e lunghe 10 – 15 cm) sulle quali posizionare il ripieno. Quindi si richiude la sfoglia su se stessa e si taglia a mezzaluna con l’ausilio di una rotella.
L’ultimo passaggio è quello della frittura in abbondante olio evo bollente e strutto, che renderebbe il dolce meno unto; quando i pastinetti risulteranno ben dorati saranno scolati, messi ad asciugare sulla carta assorbente e quindi serviti, come consuetudine vuole, senza aggiunta di zucchero a velo, a differenza dei calcionetti.
Terminata la mia “full immersion” nel menù della Vigilia, non mi resta che raggiungere l’Agriturismo Travaglini a Casoli per avere un assaggio in anteprima anche del pranzo di Natale.
Siamo in Contrada Piano delle Vigne, da qui si ha una prospettiva del borgo di Casoli davvero pittoresca. Mi accolgono Claudia Travaglini e sua madre Maria, per illustrarmi il piatto cult del Natale made in Abruzzo ovvero il brodo con il cardone.
Andiamo con ordine perché prima di cominciare sono curiosa di sapere quale sia l’usanza della Vigilia da queste parti. Anche qui non c’è tavolata che si rispetti senza gli ormai noti fedelini con il tonno (in bianco e non con il pomodoro in questo caso) o con le sarde fritte sotto sale, il baccalà cotto sulla brace con i peperoni arrosto (quotata anche la versione in umido con il pomodoro), i fagioli (lessati e ripassati in padella con un soffritto di cipolle), le “foglie fritte” (la verza) con peperoni e sarde fritte, i ceci abbrustoliti, le “crustele” ovvero la versione salata delle scrippelle fritte a tutto pasto, e poi frutta secca, uva appassita, arance e mele a volontà.
Il dolce natalizio per eccellenza di Casoli è rappresentato dai “piccilljet”, una sorta di celli pieni, realizzati con un impasto di olio, vino e farina e farciti con mosto cotto, noci tritate, buccia d’arancia, biscotti secchi, mollica di pane, cacao e un pizzico di cannella.
Tra i dolci fritti del periodo, invece, spiccano i calcionetti con il ripieno di ceci, cacao e mosto cotto.
Per il pranzo di Natale si comincia con l’antipasto che vede di scena i salumi fatti in casa, formaggi, sottolio, insieme alle “crustele” e alle “pizzelle fritte”, una sorta di “salatino sottile e friabile” ottenuto con un impasto identico a quello della pizza scima (olio evo, vino, farina e sale), con la pasta stesa sottilmente, di forma tonda, incisa e fritta in olio bollente. Un tempo era il pasto dei contadini durante la raccolta delle olive e si accompagnava con l’olio nuovo, salumi e formaggi.
Si continua con il brodo con il cardone, le lasagne al ragù di carni miste, il tacchino porchettato al forno, l’agnello o il pollo alla brace, frutta e dolci.
Ma veniamo al glorioso e generoso brodo con il cardone, piatto dalla realizzazione lunga ed elaborata e preparazione presente, per il pranzo di Natale, su buona parte delle tavole abruzzesi.
Tradizionalmente si tratta del piatto dell’abbondanza, “assemblato” con innumerevoli ingredienti, in quanto nel giorno della festa era “necessario” compensare la cucina povera di tutti i giorni, quella fatta di materie prime semplici ed esigue.
La lunga lista ingredienti contempla il brodo, di tacchino e gallina, che richiede ore di lenta cottura. Solitamente si prepara il giorno prima di Natale, quindi il pomeriggio o la sera della Vigilia.
Poi c’è il “cardone” ovvero il cardo (ortaggio invernale che per forma ricorda il sedano e appartiene alla famiglia dei carciofi): si asportano i fili e le parti più dure, si lava, si taglia a pezzetti e si sbollenta per una decina di minuti.
Indispensabili le “pallottine”, polpettine realizzate con macinato di vitello, un po’ di prezzemolo e formaggio grattugiato, che insieme ad una parte del lesso di gallina sfilacciato a mano, andranno ad arricchire e insaporire il brodo.
In alcuni borghi vicini, come Palena, c’è l’usanza di non aggiungere la carne lessa sfilacciata, bensì consumarla a parte, accompagnata con la giardiniera, sottoli e sottaceti. Mentre un tempo era comune servire il lesso con le fette di arancia.
Altro ingrediente irrinunciabile è la stracciatella preparata, in questo caso, con cicoria sbollentata, uova e formaggio grattugiato.
A Casoli ha voce in capitolo persino la pasta, scelta nel suo formato regionale prediletto ovvero la chitarra che per l’occasione si fa più sottile, quindi chitarrina, e viene ridimensionata e tagliata, fatta cuocere in acqua bollente, scolata e incorporata anch’essa nel brodo.
Ma non è ancora finita, c’è spazio anche per la pizza rustica (realizzata con uova, farina, formaggio grattugiato e prezzemolo), aggiunta per ultima, per dare quel tocco vivace di colore al nostro brodo, il trionfo della sostanza e dell’abbondanza, requisiti indispensabili per il pranzo di Natale in Abruzzo.
[Crediti | Immagini di Carmelita Cianci – le foto del borgo di Casoli e di Lanciano sono di Andrea Evangelista, quella di Torricella Peligna è di Antonino Antrilli]
Verrò a trovarvi appena posso ,per Natale no ma,appena torno in Abruzzo vengo senz’altro