Lu Pajare (il pagliaio), architettura rurale contadina

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Pagliaio
Di Berardino Abbonizio

Ritrovarsi a parlare con nonno Carmine e zio Giovanni davanti al “pagliaio” costruito insieme è davvero emozionante: senza il loro sapere e la loro competenza sarebbe stato impossibile “dare forma e sostanza” a questa antica struttura composta di canne che un tempo caratterizzava il territorio rurale frentano e altre zone dell’Abruzzo.
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Oggigiorno è difficile trovarne traccia e non esiste alcun tipo di documentazione sulle tecniche di realizzazione.
Il pagliaio era utilizzato come abitazione, rimessa per i mezzi agricoli come il carro, deposito per scorte alimentari e botti per il vino. A tal proposito nonno Carmine, che ha patito le privazioni della sua epoca a cavallo delle due guerre, mi ha raccontato di quella volta che i tedeschi appiccarono il fuoco al pagliaio di un suo amico e che tutto bruciò, tranne le botti che vi erano custodite poiché impregnate e bagnate di vino.

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Per realizzare questa autentica “opera d’architettura contadina”, ho chiesto consiglio ai miei preziosi maestri e ho cercato di capire e carpire ogni piccolo dettaglio relativo la sua realizzazione.

PagliaioPagliaioPagliaioLa sua costruzione seguiva precise regole mutuate dall’esperienza e dal sapere antico degli anziani. Fondamentale era l’approvvigionamento del materiale: il periodo più propizio era e rimane quello invernale poiché le piante impiegate sono in fermo vegetativo, mentre il taglio delle canne avveniva generalmente in fase di luna calante in quanto il flusso nei vasi linfatici della pianta è tale da garantire una maggiore resistenza delle fibre.
PagliaioPagliaioAnche la scelta del materiale aveva una logica: per la struttura portante si usavano tronchi di acacia, mentre per l’orditura della copertura si impiegavano tronchi di Ailanto.
Prima dell’allestimento tutti i pali venivano privati della corteccia per far asciugare il legno, scongiurando la formazione di muffe e l’insediamento di insetti che avrebbero potuto comprometterlo, farlo marcire e quindi ridurne la tenuta nel tempo.
PagliaioCompletata la struttura portante si passava all’orditura delle canne per dar vita alla parte secondaria, sia sulle pareti verticali che sulle falde inclinate del tetto.
PagliaioLa canna comune (Arundo donax) resta sicuramente il più affascinante tra i materiali utilizzati per la costruzione dei pagliai.
E’ facilmente reperibile sul territorio e molto versatile: i contadini da sempre la utilizzano per le recinzioni, per delimitare le concimaie e realizzare semenzai a letto caldo.

Le canne sono indispensabili anche nella realizzazione di manufatti di artigianato rurale come cesti e canestri, e per ottenere, con una particolare tecnica di intreccio, i contenitori per le granaglie o graticci per far appassire i fichi (li Carracini).
PagliaioPagliaioPagliaioPer concludere, nel pagliaio l’intreccio obliquo delle canne costituiva il supporto per il rivestimento esterno. In questa fase si potevano utilizzare sia la cannuccia di fiume, che lo stelo di grano spelt (farro maggiore).
PagliaioPagliaioUn adeguato spessore, ottenuto con vari strati di questi ultimi materiali, rendeva totalmente impermeabile l’interno del pagliaio.
PagliaioLa riscoperta e realizzazione del pagliaio ha ispirato qualche anno fa anche una serie di workshop sulla bioarchitettura rurale, un progetto svolto in collaborazione con il MusAA (Museo – architettura – arte) di Lanciano con l’obiettivo di riportare in auge l’ingegno e la bellezza di queste antiche strutture rurali ormai scomparse.

[Crediti | Immagini di Berardino Abbonizio]

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